Il lavoro che vogliamo

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dal nostro archivio

di Enrico Quaglia

In occasione della 48a Settimana Sociale dei Cattolici che si svolgerà a Cagliari dal 26 al 29 Ottobre e che avrà come tema: “Il lavoro che vogliamo libero, creativo, partecipativo e solidale (EG, 192)”, vale la pena di fare anche noi una riflessione sul lavoro. La Chiesa ha sempre avuto a cuore questo argomento perché “il lavoro”, prima di essere fonte di sostentamento economico importante per la vita di una persona, è l’espressione più profonda della dignità dell’essere umano.

Se è vero che siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio-Creatore, allora anche noi sentiamo l’esigenza di esprimere la nostra creatività attraverso l’azione, attraverso una attività che, a seconda dei nostri doni, dei nostri talenti, manifesti il nostro essere simili a Dio.

Lavorare con lo “Spirito” giusto

Prima di tutto l’uomo, attraverso il lavoro, i beni e i servizi che produce, “rende grazie” al suo Creatore: è un concetto già chiaro a San Benedetto da Norcia (480-587) che fissò nella sua regola il principio dell’“Ora et labora”, preghiera e lavoro come i due modi fra loro legati per restituire al Padre la propria riconoscenza per il dono della vita. La creatività presente nell’uomo fa sì che anche i lavori abituali siano potenzialmente sempre nuovi perché ogni giorno quella attività viene ricreata. In secondo luogo, il credente deve aver presente che Dio-Creatore ha voluto lasciare all’uomo un suo spazio rendendolo così suo “con-creatore”, suo collaboratore nel completare la Sua azione creatrice. Questo comporta per il credente una responsabilità morale che consiste nel rifiutare lavori che non vanno in questa direzione. Il lavoro, infine, è chiaramente importante anche sul piano economico e sociale perché attraverso di esso l’uomo non solo provvede ai propri bisogni materiali ma ha anche l’opportunità di sviluppare valori importanti come la solidarietà e la condivisione e quindi di sentirsi più fratello. Se questo è il lavoro nella visione della Chiesa, tuttavia la storia e gli interessi del “mondo” – per dirla con il vocabolario del Vangelo di S. Giovanni – hanno sicuramente complicato il progetto del Creatore.

Merce, costi e globalizzazione

L’avvento della prima rivoluzione industriale ha trasformato il lavoro in merce, materia prima necessaria alla produzione. Questa visione liberista (da non confondere con il pensiero liberale) ha generato un conflitto fra capitale e lavoro, la nascita degli scioperi e delle organizzazioni sindacali come strumenti che hanno cercato di ridare dignità al lavoro e al lavoratore.  Oggi il mondo del lavoro si muove su un nuovo scenario che è quello della globalizzazione e questo fa sì che il problema non sia più quello della contrapposizione fra proprietà e lavoratore ma che entrambi abbiano un avversario comune con cui devono fare i conti: il mercato. Lo sviluppo della tecnologia e dell’automazione sta configurando il lavoratore come un “costo” e questo spinge gli alti dirigenti aziendali a “tagliare il costo del lavoro” per aumentare i profitti, dimenticando che dietro ai numeri ci sono le persone. A tale proposito va ricordato quanto ha detto Papa Francesco in più occasioni e anche nella sua recente visita a Genova, quando ha ricordato che un imprenditore, di fronte ad un esubero del personale, anziché scegliere la facile strada dei licenziamenti, dovrebbe saper creare nuove produzioni che garantiscano il lavoro dei suoi dipendenti. Un vero imprenditore, insomma, dovrebbe saper trasformare un problema in una opportunità. Espellere delle persone dal mondo del lavoro significa alimentare quella che il Papa ha chiamato “cultura dello scarto”. Se non servi più, diventi inutile senza più un ruolo preciso nella società, mentre tutti ne dovremmo avere uno.

Dare futuro al lavoro I cambiamenti in atto nel mondo del lavoro dovrebbero portare i lavoratori ad una maggiore compartecipazione alle scelte aziendali attraverso una loro rappresentanza nei consigli di amministrazione. I sindacati, nelle loro rivendicazioni, dovrebbero puntare ad ottenere ore di lavoro retribuite per la formazione permanente, per consentire a chi lavora di essere sempre all’altezza dei mutamenti che la tecnologia impone. Il mondo della finanza, anziché limitarsi ad azioni speculative avulse dal contesto produttivo, dovrebbe farsi carico di iniziative e progetti innovativi facendoli crescere e generando così nuove opportunità di lavoro. L’economia in origine era una scienza umanistica che aveva come missione quella di realizzare la felicità dell’uomo: dobbiamo riportare al centro dell’economia l’uomo e la sua dignità se veramente vogliamo offrire al futuro dei nostri giovani la possibilità di un lavoro “libero, creativo, partecipativo, solidale”.


tratto da laGuardia n.9/2017

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