Da qui al 2030. Esce laGuardia numero 2/2018

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In questo numero

  • Lettere al rettore – marco granara
  • Chi seppellisce morti e chi annuncia il Vangelo – marco granara
  • Lampade di una luce non nostra – angelo bagnasco
  • 12 anni e 17 obiettivi per un mondo diverso – gigi borgiani
  • Tu cosa puoi fare per centrare l’obiettivo? – giacomo d’alessandro

 

  • Noi, pronome in via d’estinzione? – gianfranco parodi
  • Padre nostro, preghiera del noi – maria pia bozzo
  • La povertà e il nostro rapporto con gli altri – carlo borasi
  • Brigida, dalla Svezia al centro di Genova – carlo borasi, nucci scipilliti
  • Vocabolario di Papa Francesco. Globalizzazione dell’indifferenza – anna maria carosio
  • Primi passi per i Weekend dello Spirito
  • Nasce la onlus Guardia e Accoglienza

Abstract

Ci sono scadenze che sembrano fatte apposta per essere perse. Specie quelle che l’umanità si dà per salvare sé stessa. Restano 12 anni. Vi sembra un allarme eccessivo? Probabilmente è così ma dipende da cosa intendiamo per “umanità”. Quella che bene o male si tiene in equilibrio tra un sostanziale benessere e i mille problemi di ogni giorno? No, forse tra 12 anni quella umanità starà come sempre. O quella che sopravvive a stento, non può andare a scuola, mangia troppo poco, se si ammala non si cura, è senza diritti, patisce soprusi locali e squilibri mondiali? Ecco quella. L’ONU – chi? – ci dice che abbiamo ancora 12 anni di tempo per soccorrere “quest’altra umanità”, che è diffusa in ogni dove del pianeta, dalle miserie più affamate alle povertà di casa nostra. Per questo le Nazioni Unite hanno fissato 17 Obiettivi da raggiungere entro il 2030.

Premessa: ci avevano già provato con 8 obiettivi per il 2015: nulla di fatto. E allora? Allora il problema siamo noi. Non è bello da dire ma è così. Il punto è la percezione che abbiamo di questo pronome personale. Chi rientra nel nostro “noi”? Quanto è largo – o più probabilmente quanto è stretto? Sappiamo che spesso il “noi” si ritira a tal punto da ridursi ad un solo “io”. Io ho diritto. La mia vita, il mio futuro, la mia realizzazione… La dimensione familiare, sociale, popolare e ormai globale della nostra vita sembra riguardarci sempre meno. Se si sgonfia il noi, anche ciò che dovrebbe rappresentarci collettivamente – prime tra tutte le istituzioni – viene svuotato di significato e si riempie di sospetto, quando va bene; di indifferenza, quando va male. Governo chi? ONU chi? “Io” non mi ci riconosco, non ho nulla a che fare con loro, nulla a che fare con i loro obiettivi. Fino alla considerazione più pericolosa di tutte (perché sembra una domanda legittima): Salvare l’umanità? Ma “io” cosa posso farci? Tu niente. Noi molto.

Di questo ragionano i nostri due servizi. Come cattolici, abbiamo vissuto 40 giorni di pentimento, conversione, rinnovamento per prepararci
alla resurrezione di Gesù. Non è forzato ammettere che, oggi come oggi, questo pentimento dovrebbe comportare anche un passaggio, una ri-conversione dall’io al noi. Gesù ci ha insegnato a pregare al plurale. E papa Francesco ci ricorda senza tregua che, se vogliamo pensare al futuro, sarà determinante guardare alla nostra vita in una prospettiva globale e al nostro pianeta come ad un’unica casa comune.

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