Diaconato. Un futuro per la Chiesa?

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di Giacomo D’Alessandro

In aumento in tutto il mondo, i diaconi italiani sono 4.600, per lo più sposati. E le donne?

Si chiama “diaconato” uno dei tre ministeri ordinati, insieme a presbiterato (sacerdoti) ed episcopato (vescovi). Dal verbo greco “diakonein”, “servire”, il diaconato nasce nelle prime comunità giudeo-cristiane (è documentato fin dai tempi degli Apostoli) come ministero del servizio alla comunità e specialmente ai poveri, distinto da altri carismi. Attualmente nella Chiesa esiste il diaconato come tappa intermedia verso il presbiterato, oppure il diaconato permanente, reintrodotto dal Concilio Vaticano II negli anni Sessanta (Lumen Gentium 29). A quest’ultimo possono accedere uomini celibi o uomini sposati, col consenso della moglie.

A seconda delle disposizioni di una diocesi, i diaconi sono a servizio della vita liturgica, pastorale e delle opere sociali in modalità molto varie e possono “amministrare solennemente il battesimo, conservare e distribuire l’Eucaristia, assistere e benedire il matrimonio in nome della Chiesa, portare il viatico ai moribondi, leggere la Sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramentali, presiedere al rito funebre e alla sepoltura”.


DIACONI, NON “SOSTITUTI” DEI PRETI MA DONO DELLO SPIRITO

Mentre diminuiscono i preti, i diaconi sono in aumento in tutto il mondo, specie i diaconi sposati. In Italia sono 4.600 e quasi il 90% ha famiglia. Lavorano per lo più come impiegati, insegnanti, operai, negozianti, e il 70% di loro è destinato al servizio in parrocchia. Nella diocesi di Firenze, ci racconta la teologa Serena Noceti, almeno 20 parrocchie rimaste senza prete sono ancora attive grazie all’assegnazione di una coppia (con diacono) che ne anima la vita pastorale. Esperienza cominciata di recente anche a Roma, zona Cinecittà, come riporta un servizio su Avvenire. E non solo Italia: durante lo scorso Sinodo sull’Amazzonia, l’Arcivescovo di Vienna, Card. Christoph Schönborn, ha raccontato la presenza fondamentale di 180 diaconi a servizio nella città, incoraggiando i vescovi ad investire molto su questo ministero possibile già da decenni. È importante che l’approccio al diaconato non sia meramente di opportunità, per colmare la diminuzione di preti, quanto un impegno della Chiesa a “riconoscere” l’azione dello Spirito che “soffia dove vuole” e che suscita diversi carismi nelle comunità di tutto il mondo. Perché, come dice Papa Francesco, non è nostro obiettivo preservare un museo, ma alimentare un ospedale da campo che si chini sulle ferite e le periferie esistenziali di questa umanità e della sua casa comune.


DIACONATO ALLE DONNE?

Bisogna puntare sul diaconato perché è il ministero possibile” ci dice ancora Serena Noceti, riferendosi allo studio in corso sul diaconato delle donne. In un contesto occidentale di inarrestabile declino del clero per numeri e presenza territoriale, cresce nella Chiesa la consapevolezza che il potenziale femminile giace ancora largamente inespresso. Non si contano più le circostanze in cui lo ha ribadito Papa Francesco, gli interventi di cardinali e vescovi a riguardo, ma anche i documenti di reti ecclesiali e di base che avanzano proposte dal Concilio Vaticano II ad oggi. “Come mai – l’interrogativo di fondo che percorre la riflessione e l’attuale dibattito in corso – la Chiesa antica ha ammesso alcune donne al diaconato e perfino all’apostolato? E perché poi la donna è stata esclusa da tali funzioni?Questa domanda apparsa su “La Civiltà Cattolica” ben sintetizza il terreno su cui si è cominciato seriamente a lavorare in questo Pontificato. A maggio 2016, di fronte all’Unione internazionale delle superiori generali (le suore e le monache di tutto il mondo), Papa Francesco ha ascoltato la richiesta di costituire una commissione che studi la possibilità di restituire il diaconato alle donne e in che forma. Due anni dopo la stessa commissione ha restituito un “nulla di certo” al Pontefice, ma la prospettiva si è tutt’altro che arenata, visto che è diventata uno dei temi al centro del Sinodo sull’Amazzonia lo scorso ottobre. A fronte di un territorio gigantesco come quello amazzonico, che patisce la mancanza di Eucaristia e di ministri ordinati, sono emerse nella loro forza profetica centinaia di esperienze di donne leader di comunità e “diaconesse di fatto” per il loro impegno pastorale e comunitario. Su un input così forte si è riattivato il lavoro della commissione di studio, mentre il Sinodo ha sancito intanto la possibilità che, nelle regioni amazzoniche, diaconi permanenti (anche con famiglia) vengano ordinati presbiteri per la loro comunità, potendo così garantire l’Eucaristia, centro della vita cristiana, in tante zone del continente abituate a riceverla una o due volte all’anno.

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