di Alberto Remondini sj
Vogliamo davvero un Dio di questo tipo, che nasce in questo modo? Lo vogliamo un Dio bambino? Un Dio umile che ci insegna a dare la vita? Un Dio che non grida sulla faccia degli altri ma che ci parla nella nostra interiorità difficile da interpretare? Un Dio che non ci esaudisce a bacchetta ma che ci lascia liberi di scegliere, di stare? Un Dio che non ci abolisce la notte, ma ci fornisce gli strumenti per starci e per viverla ed anche per scoprire le stelle?
L’articolo è disponibile sul numero 1/2019: abbonati o richiedi una copia saggio.