Il vuoto ci parla. Esce laGuardia #4/2020

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In questo numero

  • Risposte ai lettori – marco granara
  • Editoriale. Fate questo – marco granara
  • Perché serve un “villaggio dell’educazione” – enrico quaglia
  • Spostare la scuola sui cammini – giacomo d’alessandro
  • Un nuovo patto educativo? – carlo borasi
  • La bellezza ci salverà. Quando arte e fede si cercano. Dialogo tra Carla Peirolero e Marco Granara
  • Nel nome di dio, noi fratelli “mediterranei” – maria pia bozzo
  • Mediterraneo, mare di mille incontri – gianfranco parodi
  • Eva, al cuore di Adamo – anna gatti, nucci scipilliti
  • Il vocabolario di papa francesco – anna maria carosio
  • Non temete! – angelo bagnasco
  • San Giovanni in laterano, (che fu) centro della cristianità – gianfranco parodi

Abstract

Il vuoto ci parla. L’immagine più evidente del vuoto, in questi lunghi mesi di isolamento, è probabilmente quella che abbiamo messo in copertina: Papa Francesco e Piazza San Pietro, soli, mentre milioni nel mondo assistevano da uno schermo a questo momento di preghiera storico – non vi è dubbio che lo sia stato – simbolo di un tempo fuori misura, globale, segnato da migliaia di vittime e da rischi altissimi per l’economia planetaria. Le nostre vite sono state profondamente incise, la quotidianità dovrà adattarsi (mentre scriviamo siamo ancora nella Fase 1 e la Fase 2 si preannuncia molto lenta).

È il vuoto degli affetti. Della separazione. Del non aver potuto salutare un’ultima volta i propri cari, spesso genitori anziani.

È il vuoto delle relazioni. Ci rendiamo conto che Tv e Internet non bastano, sono solo strumenti che ci aiutano molto – sempre che si possieda un tv, un pc o un cellulare – ma il contatto con gli altri è una necessità esistenziale. Banale ma forse non così tanto.

È il vuoto tra le generazioni. Nonni lontani dai nipoti, figli lontani dai genitori.

È il vuoto delle sicurezze. Quanti hanno sperimentato una solitudine “disperante”, soli con le proprie fragilità! Quanti temono per il futuro della propria attività lavorativa!

È il vuoto delle celebrazioni. Messe senza popolo, sacramenti senza battezzati. Papa Francesco si raccomanda: “Non viralizziamo la fede: la Chiesa senza popolo non è Chiesa”. Attenti a non far scendere nell’anima la costrizione a stare a casa, a stare distanti. Bisogna osservare tutte le norme sanitarie, certo, ma non bisogna abituarsi ad una vita di fede personalistica.

Tuttavia, è anche un vuoto che ci parla di un bene possibile, perché “nulla è impossibile a Dio”.

Un vuoto per scavare in sé stessi e negli altri.
Interrogarsi su ciò che ha valore; alla Guardia diciamo: sull’essenziale.
Chiederci perché è successo.
Chiederci cosa è successo al resto del mondo nel frattempo (guerre, eventi climatici estremi, naufragi, campi profughi, fame…).

Chiederci se, una volta archiviata la cosa – tra molti mesi – vogliamo tornare come prima, ad un benessere riconquistato ma nuovamente isolato dal resto dell’umanità oppure se questa pandemia non sia un appello per una umanità finalmente solidale, un’unica famiglia umana.

Oltre alla Chiesa, con il suo insegnamento spirituale, sono tanti – esponenti di altre fedi, pensatori, economisti, imprenditori, educatori, personalità della cultura (e purtroppo solo alcuni) politici – a far notare che non ci salveremo da soli. Capirlo e viverlo è determinante.

Perché il vuoto non sia stato inutile.

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