Editoriale. Preti

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di Marco Granara

Preti di ieri, di oggi, del futuro… Li ha voluti Gesù? Come e quando? Com’erano i suoi, quelli scelti da lui? Interessava Lui che fossero molti o pochi o che fossero “del suo Spirito”? Cosa chiese di chiedere al “Padrone della messe”? Più preti o più “responsabili” (Mt.9,38)? Sognava una Comunità/Chiesa fatta di “preti” o di “tutti i credenti mossi dal suo Spirito”? Una Chiesa “clericale” o una Chiesa tutta “ministeriale”, dove ciascuno esercitasse il suo specifico dono ricevuto per un “servizio/ministero” d’amore al bene comune? Una Chiesa “Comunità fraterna con un Unico Padre e un Unico Maestro” o un’organizzazione umana efficiente divisa in quadri e gerarchie, in contrapposizione ad un mondo “nemico ed estraneo al progetto di Dio” che tutti ha pensato e continua a sognare come “suoi figli”?

A Roma ci sono alcuni – creati “cardinali” per sostenere il ministero del Vescovo di Roma e Papa (Padre dei padri), scelto dallo Spirito Santo e dal collegio apostolico di oggi – che “mentendo” dicono ogni sorta di male (Mt.5,11) per mettere in difficoltà Papa Francesco. Gli vorrebbero far dire e fare cose diverse da quelle dette e fatte da Gesù, creando confusione e non comunione nella Chiesa e davanti al mondo.

A Genova in questi giorni è morto don Luigi Traverso. Aveva 92 anni come il Papa emerito Benedetto. Non era, don Luigi, un “teologo di professione” e non per questo è stato un “maestro” di vita e di fede per tutti noi preti di Genova e per le decine di migliaia di persone – soprattutto poveri e peccatori – che ha incontrato, accolto, accompagnato e letteralmente salvato. Non ha teorizzato sul celibato dei preti, lo ha vissuto con una paternità allargata come quella di Dio e una umanità strabordante, letteralmente mangiato da tutti, come Gesù, unico maestro di teologia e di vita. Abbiamo appena ricordato, a cento anni dalla sua nascita, don Gaspare Canepa e, con lui, un prete/sua ombra, don Giuseppe Ivaldi. Dio solo sa chi e cosa sono stati questi preti per i ragazzi e i giovani di Genova, non solo quelli di chiesa. Tutti abbiamo visto “come” sono stati preti, come hanno vissuto la loro scelta di vita e come abbiano insegnato e testimoniato il vivere per Amore dato da Gesù come criterio distintivo della sua appartenenza.

Anche noi vorremmo “sognare come Gesù” i ruoli ministeriali di quanti dicono di voler credere in Lui. Non pregheremo perché ci siano “più preti”, ma perché i preti – pochi o tanti che debbano essere in una Chiesa che Lui non ha voluto “clericale” – siano uomini capaci di innamorarsi e di amare “COME” Lui. Che siano celibi, come da secoli nella Chiesa di rito latino, che siano anche coniugati, come avvenne nei primi secoli della Chiesa o come avviene tuttora nella Chiesa cattolica di rito orientale. E anche su questo, come su tutto l’affascinante compito della trasmissione della “gioia del Vangelo”, noi stiamo con convinzione – senza se e senza ma – con la Chiesa di oggi e col Papa Francesco, grande dono che Dio ci ha dato.


Editoriale del numero 1/2020

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